La chimica dell'inchiostro che non lascia traccia

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Inchiostri ciano, magenta, giallo e nero che si mescolano nell’acqua.

Gran parte del mondo della stampa si fonda su inchiostri pensati per lasciare un segno duraturo. Alcuni prodotti stampati sono concepiti per resistere decenni o persino di più, e negli anni abbiamo sviluppato tecnologie straordinarie per raggiungere questo obiettivo. Ma accanto a queste applicazioni, esistono molti altri stampati destinati a una vita breve. Per questi ultimi, lo sviluppo di inchiostri biodegradabili è fondamentale: rappresenta un tassello decisivo sia nei nostri obiettivi di sostenibilità, sia nell'innovazione scientifica che portiamo avanti nel centro R&D di Canon Production Printing (CPP).

"Stiamo parlando dello sviluppo di una nuova classe chimica", spiega Tom van Dijkman, Programme Lead for Technology Development di CPP. Insieme ai colleghi Ernst Ullersma e Peter Wetjens, Tom rappresenta Canon Production Printing in un consorzio che unisce aziende e università, tutte impegnate nella stessa sfida: creare inchiostri e rivestimenti sostenibili. "Collaborando con realtà come AkzoNobel ed Evonik, oltre a diversi partner accademici, abbiamo dato vita al progetto SusInkCoat, che ci permette di esplorare nuove chimiche, materiali e processi produttivi." Pur condividendo un obiettivo comune, per noi ci sono tre aree particolarmente decisive per accompagnare la stampa verso un futuro più sostenibile.

Leganti

Sono i componenti che tengono unite le particelle di pigmento e ne consentono l'adesione alla superficie. "Qui ci troviamo di fronte a una contraddizione" racconta Tom. "Da un lato vogliamo che l'inchiostro resti estremamente stabile sul supporto. Dall'altro, quando arriva il momento di riciclare la carta, desideriamo un modo a basso impatto per rimuoverlo. Per questo serve sviluppare una chimica capace di integrare un 'interruttore', qualcosa che renda possibile sciogliere il legame al momento giusto." In altre parole, è come un castello di sabbia: solido e stabile finché serve, ma pronto a dissolversi senza lasciare traccia quando non è più necessario.

"In un mondo ideale," aggiunge Tom, "vorremmo che questi materiali rientrassero nel ciclo naturale. Sappiamo che i prodotti stampati non finiscono sempre dove dovrebbero, nonostante l'impegno collettivo nel riciclo". L'obiettivo è quindi una soluzione a base biologica, una formulazione circolare che nasce dalla natura e che alla natura ritorna una volta smaltita.

Una farfalla con ali arancioni, nere e bianche si posa su un fiore rosa.

Pigmenti

"Oggi la chimica dei pigmenti è interamente basata su fonti fossili e produce materiali che, nella maggior parte dei casi, non sono biodegradabili o lo sono in misura molto limitata", spiega Tom. I pigmenti tradizionali sono progettati per durare nel tempo, ma questa resistenza comporta un forte impatto ambientale, sia nella fase produttiva che nello smaltimento. "Vorremmo trovare alternative che ci permettano, ad esempio, di ottenere il bianco senza ricorrere al biossido di titanio, o di creare effetti metallici senza l'uso di metalli, che inevitabilmente finiscono come nanoparticelle."

La soluzione potrebbe arrivare proprio dalla natura. "Se osserviamo le ali di una farfalla o di un uccello, notiamo che i colori non derivano da pigmenti", spiega Tom. "Nascono invece dalla microstruttura del materiale, che diffonde la luce. È questo principio che vogliamo riprodurre: ottenere bianchi e riflessi metallici usando materiali innocui."

Tensioattivi

Sono le sostanze chimiche che permettono a inchiostri e vernici di stendersi in modo uniforme, evitando che si raggruppino in gocce. Il tensioattivo giusto consente la formazione di un film sottile e omogeneo che scorre perfettamente sulla superficie. Attualmente, quasi tutti i tensioattivi provengono dalla chimica fossile. "Funzionano molto bene," precisa Tom, "ma la loro stessa struttura li rende estremamente persistenti". Se rilasciati nell'ambiente, resistono all'azione dei microbi e della luce UV,

accumulandosi e intaccando le membrane cellulari. "Ogni cellula è protetta da un guscio," continua Tom, "che racchiude l'acqua e le strutture vitali al suo interno. I tensioattivi possono indebolire questi gusci, mettendo a rischio la vita stessa". È una sfida che accomuna tutti i membri del consorzio SusInkCoat: trovare una nuova chimica che garantisca le proprietà dei tensioattivi, ma che possa anche essere disattivata quando serve. "Ancora una volta, cerchiamo un interruttore" aggiunge Tom. "Vogliamo tensioattivi che facilitino il flusso dell'inchiostro finché questo non si fissa. Dopodiché, deve essere possibile degradarli, riducendo così al minimo l'impatto ambientale."

Se osserviamo le ali di una farfalla o di un uccello, notiamo che i colori non derivano da pigmenti."

Nuovi materiali per il futuro

Che si tratti di scienza dei materiali o di tecnologie di stampa e ottica avanzata, i nostri team R&D lavorano sempre ispirandosi alla filosofia aziendale di Kyosei: vivere e lavorare insieme per il bene comune. Il progetto SusInkCoat rappresenta un esempio concreto di pensiero a lungo termine e collaborazione, applicato sia allo sviluppo dei prodotti sia agli obiettivi di sostenibilità dell'organizzazione. "Questo è un percorso che affrontiamo insieme ai nostri clienti" conclude Tom. "Grazie alle tecnologie che sviluppiamo, possiamo creare soluzioni innovative non solo per i prossimi anni, ma per i decenni a venire."

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