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Affrontare il burnout: fotografi e benessere psicologico

Four people riding horses through the shallow waves on a beach at sunset.
Due fotografe professioniste raccontano le loro esperienze di stress e burnout nel settore e danno qualche consiglio per salvaguardare il benessere psicologico. Scatto realizzato con Canon EOS-1D X (ora sostituita da Canon EOS-1D X Mark III) e obiettivo Canon EF 35mm f/1.4L USM (ora sostituito da Canon EF 35mm f/1.4L II USM) a 1/320 s, f/5 e ISO 800. © Anastasia Taylor-Lind

La fotografia può essere stressante e persino portare a stati di ansia. Che si occupino di fotogiornalismo, pubblicità, servizi per matrimoni o fotografia sportiva, i fotografi sono costantemente sotto pressione a causa delle scadenze e della qualità che viene loro richiesta. Le lunghe giornate o i lunghi mesi trascorsi in viaggio, spesso da soli e magari a raccontare storie struggenti, possono essere estenuanti. Se a questo si aggiunge la natura finanziariamente precaria del lavoro freelance, acuita dal Covid-19, è chiaro il motivo per cui molti fotografi freelance arrivano a condizioni di burnout.

"Se non mi prendo cura della mia salute mentale, non posso fare il mio lavoro in modo efficace", dice Anastasia Taylor-Lind, fotoreporter con base a Londra e TED Fellow che si è occupata dei conflitti in tutto il mondo per media e ONG internazionali. "Senza consapevolezza di noi stessi e un certo livello di stabilità emotiva e mentale, non siamo in grado di elaborare e raccontare le storie degli altri".

In occasione della Giornata mondiale della salute mentale, Canon presenta un episodio speciale del podcast Shutter Stories: Lucy Hedges discute di ansia e stress con le fotografe Anastasia e Tasneem Alsultan, fotografa di base in Arabia Saudita che si occupa di diritti umani e questioni sociali per il New York Times e il National Geographic. In questo podcast, le protagoniste scambiano esperienze e discutono dei meccanismi per affrontare il burnout, rivelando la loro speranza che il settore della fotografia diventi più attento alle esigenze psicologiche dei fotografi.

Ascolta la conversazione in questo episodio del podcast Shutter Stories di Canon:

In the plains of Oman a barefoot man wearing white stands by his horse, which is sitting on its haunches.
"Senza consapevolezza di noi stessi e un certo livello di stabilità emotiva e mentale, non siamo in grado di elaborare e raccontare le storie degli altri", afferma la fotoreporter Anastasia Taylor-Lind. Scatto realizzato con Canon EOS-1D X Mark III e obiettivo Canon EF 35mm f/1.4L II USM a 1/640 sec, f/2.2 e ISO 400. © Anastasia Taylor-Lind
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Il nostro settore può presentare difficoltà anche nei momenti buoni, ma la pandemia ha portato con sé ulteriori sfide, sia dal punto di vista finanziario sia da quello emotivo. Come sono stati per te gli ultimi mesi?

"Non me la sono cavata bene", confessa Tasneem, "soprattutto all'inizio, quando non avevamo abbastanza informazioni. Fisicamente, mi sentivo scarica, esausta al punto tale da pensare di avere contratto il Covid. Ho fatto il test e ho scoperto di stare bene. Ma credo che il corpo e la sfera emotiva siano strettamente connessi.

Eravamo in fase di lockdown in Arabia Saudita, quindi non si potevano attraversare i confini tra una città e l'altra. E io abito al confine con l'Arabia Saudita, nella Provincia Orientale, la zona in cui era di base l'esercito americano durante la guerra del Golfo. L'esercito era nel nostro quartiere, quindi questa situazione ha fatto riemergere a livello emotivo quella fase della mia infanzia [in quanto anche in quel periodo gli spostamenti erano limitati]. Così ho trovato il modo di superare il confine della mia città e mi sono diretta a Riad con una sola delle mie figlie, pensando [che ci fosse più lavoro nella capitale]. Non ha funzionato. Così, mi sono ritrovata in lockdown in una città che non è quella dalla quale provengo e in cui non avevo mai vissuto. Per giunta, con una figlia.

Ho iniziato ad affrontare la situazione, preoccupandomi solo di non pensare alla fotografia", continua Tasneem. "Sono talmente attaccata alla mia macchina fotografica che se non ce l'ho in mano, mi sembra che mi manchi qualcosa. Ho iniziato a informarmi sulla meditazione, ho imparato a rilassarmi e ad essere più consapevole di ciò che mi circonda e di come sono connessa alla mia famiglia. Nei primi tre mesi, facevo un'intervista al giorno in diretta Instagram. Mi aiutava: mi dava una ragione per alzarmi la mattina e per organizzare la giornata".

Five older women in headscarves, four seated on a bench, in a church with ornate icons on the walls.
Anastasia ritiene che l'esercizio fisico sia la migliore strategia per salvaguardare il proprio benessere psicologico. Scatto realizzato con Canon EOS 5D Mark IV a 1/60 s, f/4.5 e ISO400. © Anastasia Taylor-Lind

L'esperienza di Anastasia è simile. "Quando è iniziata la pandemia, tutti gli incarichi che avevo in programma per i mesi successivi sono stati cancellati o messi in attesa", dice. "Mi sono dovuta porre la domanda più difficile: se non sono una fotografa, chi sono?

Naturalmente, essere una fotografa non significa solo uscire e andare a scattare fotografie, c'è molto lavoro da fare. Pertanto, all'inizio mi sono occupata delle dichiarazioni dei redditi, ho aggiornato il mio sito Web, ho fatto l'admin per tenermi occupata e ho cercato di concedermi anche un po' di divertimento. Vado a cavallo, mi prendo cura del cucciolo di mio fratello, faccio lunghe passeggiate, faccio yoga e cerco di essere presente".

Patrick Smith films with a Canon video camera.

Il mondo del cinema dopo il lockdown: la voce dei protagonisti

Filmmaker, direttori della fotografia e produttori illustrano gli effetti della pandemia sul loro lavoro ed espongono la loro opinione sul futuro del settore.

L'incertezza data dalla condizione di freelance causa stress?

"L'incertezza è sempre presente: personalmente, ogni volta che accetto un incarico, penso che potrebbe essere l'ultima volta che mi viene offerto del denaro per lavorare" riconosce Anastasia. "Quando ti occupi di progetti e lavori personali e non sai quando otterrai il prossimo incarico, rifiutarne uno ti sembra sempre impossibile. Questo significa che dobbiamo abituarci a stare in un'ambiente in cui serve molto dinamismo e la capacità di affrontare un certo livello di tensione".

"Recentemente ho analizzato il mio modo di lavorare e ho acquisito un po' di consapevolezza", afferma Tasneem. "Mi sono sempre precipitata da un incarico all'altro, da un progetto all'altro. Inoltre, ho capito che si può provare stati di ansia, essere preoccupati o avere un tracollo emotivo anche se non si vive in zone interessate da conflitti. E più condivido questo pensiero con i miei amici, più mi rendo conto che siamo tutti sulla stessa barca".

A man in traditional Arab dress walks down a narrow alleyway between two stone walls.
Per la fotografa documentarista Tasneem Alsultan, mettere giù la macchina fotografica per un po' ha contribuito al suo benessere psicologico. Scatto realizzato con Canon EOS 5D Mark IV e obiettivo Canon EF 35mm f/1.4L II USM a 1/200 sec, f/1.6 e ISO 800. © Tasneem Alsultan

Il settore sta imparando a prendersi cura dei fotografi freelance?

"Sono ottimista e al momento vedo che qualcosa sta cambiando nel nostro settore. È un cambiamento molto lento, ma sta avvenendo", afferma Anastasia. "Il mito del fotografo, e, nello specifico, del fotografo di guerra, come eroe tragico è il mito più celebre in questo settore. Come categoria, tendiamo a pensare che il rischio faccia parte del mestiere o che, in quanto artisti, dobbiamo soffrire per la nostra arte. E celebriamo quest'attitudine, la troviamo affascinate. Ma se il settore prende le distanze dalle narrazioni tradizionali e si diversifica, penso che ci possa essere spazio per un cambiamento. Più dico: 'Questi sono i miei problemi', più sento la gente rispondermi: 'Anche i miei'.

Nel 2017 mi sono occupata della crisi dei Rohingya in Bangladesh. Sono stata inviata da Human Rights Watch per documentare e riprendere le storie dei sopravvissuti al massacro all'interno dei campi profughi", aggiunge Anastasia. "E quando sono tornata, per la prima volta nella mia vita professionale, mi è stato offerto un incontro con un counsellor. Mi ha fatto pensare subito a quanto è importante che io mi prenda cura di me stessa, ma anche al fatto che farlo è essenziale per continuare a fare questo mestiere. È un obbligo professionale, oltre che personale".

Two women in headscarves holding palm branches in Saudi Arabia.
Tasneem esorta i fotografi a parlare delle loro preoccupazioni e delle loro ansie e ricorda loro che non sono soli. Scatto realizzato con Canon EOS 5DS e obiettivo Canon EF 85mm f/1.4L IS USM a 1/200 s, f/4 e ISO250. © Tasneem Alsultan

Quali consigli daresti ai fotografi o ai videomaker che devono affrontare questi problemi?

"Ricordatevi che non siete soli", dice Tasneem. "Mettetevi in contatto con altre persone e condividete i momenti di debolezza perché là fuori ci sono molte persone pronte ad apprezzare lo sforzo che fate e a parlare con voi. Non siamo obbligati a seguire le orme di chi ci ha preceduto, specie se ci portano nella direzione sbagliata. Possiamo trovare una via alternativa, nostra. Soprattutto in questo periodo, penso che sia fondamentale essere umili".

"Fate esercizio fisico", esorta Anastasia. "Fate in modo che il vostro corpo sia un mezzo per guidare la vostra mente in un percorso di guarigione, tranquillità e aiuto. Per alcuni, questo potrebbe significare fare una corsa o una lunga passeggiata o un altro tipo di sport. In altre parole, fate qualcosa che faccia lavorare il corpo e non la mente, perché la fotografia è un lavoro mentale e, come fotografi, dobbiamo sempre pensare alle cose, oltre che vederle".

A man arranging green leaves on display at the front of a market stand with woven wood walls.
Tasneem lavora spesso in zone interessate da conflitti, ma nel tempo si è accorta che non è necessario provenire da quelle zone per provare stati di ansia. Scatto realizzato con Canon EOS 5DS e obiettivo Canon EF 35mm f/1.4L II USM a 1/800 s, f/1.8 e ISO100. © Tasneem Alsultan

C'è qualcosa che vorresti avere fatto diversamente in passato?

"Avrei voluto decidermi a incontrare uno psicologo prima", dice Tasneem. "Nella mia cultura, le persone trovano poco ortodosso parlare dei propri problemi psicologici. Se ne vergognano."

"Io mi batto perché questo cambi", dice Anastasia, "non voglio che i giovani fotografi debbano capire da soli queste cose: voglio creare una comunità di fotografi attenti e che sappiano prendersi cura di stessi. In altre parole, non voglio che i giovani non affrontino stress e traumi mettendo in atto comportamenti pericolosi e nocivi come invece hanno fatto le generazioni precedenti".

Scritto da Rachel Segal Hamilton


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